La gestione delle terre e rocce da scavo, derivanti da attività di costruzione e demolizione, è uno tra i temi più delicati presenti nello scenario normativo nazionale.
In particolare, la possibilità di gestire questi materiali come sottoprodotti e non come rifiuti, è stato oggetto nell’ultimo decennio di numerosi interventi normativi, fino all’entrata in vigore del nuovo Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo (22 agosto 2017), contenuta nel DPR 13 giugno 2017, n. 120, che ha abrogato tutte le norme precedenti (il DM n. 161/2012, l’art. 184-bis, comma 2bis del TUA, nonché gli artt. 41, c.2 e 41-bis del DL n. 69/2013).
Sostanzialmente tale Decreto, rappresenta oggi l’unico strumento normativo applicabile per consentire l’utilizzo, come sottoprodotti, dei materiali di scavo (terre e rocce da scavo e terre da riporto) provenienti dai cantieri di piccole e di grandi dimensioni, compresi quelli finalizzati alla costituzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture.
La normativa detta i criteri per la qualifica come sottoprodotti delle terre e rocce inserendo, oltre alla dimostrazione del non superamento dei valori delle concentrazioni soglie di contaminazione (CSC), due importanti novità:
- la metodologia per la quantificazione dei materiali di origine antropica (non possono superare la quantità massima del 20%), riportata nell’allegato 10;
- i criteri di assimilazione alle terre e rocce da scavo dei materiali di riporto (conformità al test di cessione, secondo le metodiche dell’Allegato 3 al DM 5 febbraio 1998, con l’esclusione del parametro amianto e confronto con i limiti di legge previsti per le acque sotterranee).
Sono inoltre definite le procedure di campionamento da seguire per la caratterizzazione ambientale per i piani di utilizzo delle terre e rocce da scavo, nei cantieri di grandi dimensioni.
Cosa cambia, quindi, nell’ambito del riutilizzo materiali scavati?
Se prima gli operatori e gli enti di controllo erano liberi di valutare la qualità ambientale del terreno, l’attuale disciplina elimina la discrezionalità di valutazione. Per essere qualificate come sottoprodotti, le terre e rocce da scavo, per tutti i cantieri, devono rispondere ai criteri stabiliti dall’art. 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, il cui rispetto è valutato con le modalità procedurali stabilite dall’art. 4 del nuovo Regolamento: tali requisiti sono attestati e dimostrati previa esecuzione di caratterizzazione chimico-fisica con le modalità definite dall’Allegato 4, pertanto tramite analisi di laboratorio.
Si evidenzia che il produttore deve dimostrare che non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato 5, Titolo V, della Parte IV, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152.
In particolare all’Allegato 4 sono riportate le caratteristiche dei campioni di terreno da sottoporre ad analisi chimica di laboratorio ed i criteri per la definizione degli analiti da ricercare, stabilendo un set analitico minimo da considerare, riportato in Tabella 4.1, che comprende la determinazione dei seguenti parametri: Arsenico, Cadmio, Cobalto, Nichel, Piombo, Rame, Zinco, Mercurio, Idrocarburi C>12, Cromo totale, Cromo VI, Amianto, BTEX, IPA. BTEX e IPA sono da eseguirsi nel caso in cui l’area da scavo si collochi a 20 m di distanza da infrastrutture viarie di grande comunicazione e ad insediamenti che possono aver influenzato le caratteristiche del sito mediante ricaduta delle emissioni in atmosfera.
Relativamente alle metodologie di verifica dei requisiti ambientali, qualora si abbia evidenza di una contaminazione antropica anche del sopravaglio (ad esempio in presenza di amianto), le determinazioni analitiche sono condotte sull’intero campione, compresa la frazione granulometrica superiore ai 2 cm, e la concentrazione è riferita allo stesso.
In caso di terre e rocce provenienti da scavi di sbancamento in roccia massiva, ai fini della verifica del rispetto dei requisiti ambientali di cui all’articolo 4 del Regolamento in oggetto, la caratterizzazione ambientale è eseguita previa porfirizzazione dell’intero campione.
Qualora il riutilizzo nello stesso sito sia previsto in un progetto sottoposto a VIA, l’operatore deve predisporre un piano preliminare di utilizzo che integra lo studio di impatto ambientale. Tale piano dovrà essere integrato con i risultati del campionamento (da trasmettere agli enti prima dell’inizio dei lavori) e dovrà riportare volumi da scavare e riutilizzare, collocazione e durata dei depositi, collocazione finale delle terre e rocce da scavo.
Inoltre, sulle terre e rocce da scavo è possibile eseguire una serie di attività che rientrino nelle “normali pratiche industriali”, che ne rendano più efficace il riutilizzo e che sono chiaramente specificate nel DPR 120/17. Nella fattispecie, le terre possono contenere altri materiali (senza limiti percentuali, salvo per i riporti) quali: calcestruzzo, bentonite, PVC, vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato, a condizione che le concentrazioni di inquinanti rientrino nei limiti di cui alle colonne A e B, Tabella 1 Allegato 5 Dlgs 152/06.
Tali operazioni possono essere condotte solo dopo aver dimostrato che il materiale è un sottoprodotto e non un rifiuto, diversamente trattasi di attività che possono costituire un illecito.
L’esperienza maturata da Tecno Piemonte Spa, nel tema delle Terre e Rocce da scavo, a fronte anche della complessità dello scenario normativo, sottolinea come sia fondamentale il ruolo del laboratorio di analisi ambientali nell’affiancamento tecnico-scientifico delle imprese proponenti e realizzatrici dell’opera.
Il personale altamente qualificato del laboratorio ambiente di Tecno Piemonte Spa, è a disposizione per la predisposizione di piani di campionamento e la successiva caratterizzazione analitica delle terre e rocce da scavo.